Coronavirus: e le donne?

Covid19 e io Il commento di Nadia Kibout

Scritto da Segreteria il 03 Luglio 2020

Coronavirus: e le donne?
Continuano le risposte all’invito a riflettere sul tema lanciato nei giorni scorsi dal CLM. Ecco il contributo dall’autrice CLM Nadia Kibout, che ha commentato il tema con un testo accompagnato da due fotografie.

Covid19 e io

Se c’è una cosa che ho imparato nella vita direi che è la seguente: trasformare qualcosa di brutto in positivo. Cercare di trarre il meglio da ogni situazione, qualsiasi essa sia. E così la mia esperienza di confinamento dovuta all’emergenza del virus Covid19, dopo lo sgomento e la paura iniziale, mi ha costretto a guardarmi dentro e a vivere ogni attimo delle giornate che passavano con semplicità, eliminando i vari pensieri per dare spazio al concreto, e per me il concreto si è trasformato nello scoprire che attraverso la cucina ero capace di realizzare tantissimo.

La prima scoperta è stata quella di provare a fare il pane. Non avendo idea da dove incominciare, mi sono messa alla ricerca  della ricetta che potesse fare al caso mio. Ho scaricato un po’ di ricette di pane in francese, come la baguette, che è quella che prediligo, poi qualche ricetta per pane arabo, algerino più precisamente, e poi ricette di pane in italiano. È stato come un gioco di costruzioni, così alla fine penso di avere fatto un mix di tutto, con un tocco mio personale, un’aggiunta di semi misti. Ho capito così che lavorare con le mie mani in pasta è davvero piacevole, una sensazione di libertà ne fuoriesce ogni volta e anche di grande soddisfazione all’idea che i miei cari possano deliziarsi di un cibo così “scontato” perché così abituati a comprarlo. Oggi, dopo quasi un mese dalla fine del confinamento, continuo con grande gioia a fare il pane. Vado a fare la spesa ma il pane non lo compro.

“Pane ai semi” – fotografia di Nadia Kibout

Per il tagine di pollo, invece, man mano che passa il tempo è come se vivessi una voglia di riscoperta delle mie origini e così ho deciso di mettermi alla prova con uno dei piatti forti che mia madre era solita cucinarci. Ammetto che questo è stato davvero un compito difficile, cercare di restituire quel gusto così ricco di sapori impregnato nella mia mente. E di nuovo mi misi sul web alla ricerca della ricetta più idonea per me. Una volta trovata mi misi all’opera senza preannunciare a nessuno quale sarebbe stato il menù della cena. Mi sono collegata su YouTube ed ecco che avevo la colonna sonora perfetta per me: Cheb Khaled, Cheb Mami. E così, tra un canto e l’altro, più movimenti di bacino, mi sono lasciata andare a un momento emozionate e di felicità. Una volta pronta, usai per la prima volta il piatto tradizionale nel quale si serve il tagine fatto di terra cotta con tutti gli ornamenti, ma che fino a qual momento era sempre stato solo un oggetto decorativo. Confesso di essere molto orgogliosa di questa nuova parte di me alla quale ho lasciato spazio. E questo spazio senza l’emergenza Covid non sarebbe emerso. O almeno non ora.

“Tangine di pollo” – fotografia di Nadia Kibout

Oggi dunque io ringrazio la vita per avermi messa di fronte a questa impossibilità di movimento. Io, che più di 15 giorni di fila in casa non li ho praticamente mai fatti, a causa del mio lavoro che mi fa viaggiare molto. Non pensavo di essere in grado di stare ferma così a lungo, così, invece di fermarmi a pensare quanto potesse essere brutto stare rinchiusi in casa, ho deciso di reagire e vedere cosa potesse esserne della mia persona in questa data situazione, fermarsi a pensare la vita o agire per rendere al tempo la sua utilità? Ho scelto con naturalezza la seconda opzione.

E così vorrei fosse per molte di noi, donne che in qualunque situazione sono in grado di tirare fuori quel qualcosa che non si sa nemmeno di avere, a volte. Io non sapevo di poter fare il pane e tantissime altre prelibatezze culinarie. Ma sopratutto scoprire negli occhi di chi condivide la tavola con me la gioia di sapori nuovi, e la curiosità che ne consegue non ha prezzo. Perché è anche in questo modo che si può far pace con la propria diversità, quando si è di origine “altra”, portare gli altri a gustare, a cibarsi di piatti di paesi per loro magari diversi può indurre interesse e aprire gli occhi sulla bellezza della diversità.