Appuntamenti

L'avventura di Anisha

Scritto da Segreteria il 03 Giugno 2010

Continuiamo a pubblicare i racconti delle ragazze e dei ragazzi del Liceo Gobetti che hanno partecipato insieme alle loro insegnanti Cristina Bracchi e Patrizia Moretti ai laboratori di narrazione e scrittura organizzati dal Concorso Lingua Madre.

Ecco il sedicesimo racconto:

L’avventura di Anisha
Di Hélène Tonnelé
(Classe I C)

Qualche anno fa, mentre aspettavo all’aeroporto per prendere il volo Malpensa- Ibiza, ho incontrato un gruppo di signore che parlavano e, tra queste voci, ne emerse una che sembrava voler attirare l’attenzione. Apparteneva ad una donna piccola di statura, con capelli corti, e sulla cinquantina d’anni. Incuriosita, ascoltai la storia di questa signora. Era il 1959 quando nacque e venne accolta dai due genitori nella penisola araba.  Era una bambina molto carina, che assomigliava molto alla mamma, con occhi scuri, capelli crespi e tratti orientali. Fu costretta, dall’età di 5 anni, a portare il velo per volere dei genitori, molto religiosi. Per questa ragione ogni giorno praticavano i riti previsti dal Corano ed era vietato trasgredirli, altrimenti la madre avrebbe inflitto severe punizioni.
Insieme a loro abitava lo zio Alrhon, unito ad Anisha da un profondo legame, l’ultima arrivata, ed era lui che l’aiutava quando suo padre la costringeva a lavare i piatti di preziosa porcellana perché aveva fatto qualcosa di male, come rompere un vaso costoso. Altrimenti erano i domestici a svolgere le faccende casalinghe, pagati con i tanti soldi che non mancavano.
Vivendo l’infanzia sotto il velo e lavando molte volte i piatti, senza trascurare lo studio, Anisha fu costretta dai genitori a sposarsi con un signore ricco e antipatico.
Dopo circa quattro anni di convivenza, suo marito Erim Calà morì di tumore ai polmoni a causa delle troppe sigarette che fumava. Inizialmente la giovanissima signora provò un sentimento di gioia apparente (che le era scomparso in quegli ultimi anni), ma dopo pochi mesi ella cadde in depressione a causa della solitudine nella quale ormai viveva.
Decise così di confidarsi col suo amato zio che le propose un paio di alternative: la prima era di tornare a casa con la famiglia, ma il padre rifiutò, perché non aveva alcuna intenzione di ospitare una vedova per dei “capricci”; la seconda era di partire all’estero in cerca di fortuna e amicizie.
Decise così che sarebbe partita per un lungo viaggio in mare, per arrivare fino a Creta; un posto dove Alrhon era stato in gioventù ed aveva vissuto il periodo più bello della sua vita.
Si stabilì il giorno della partenza da Gidda per Suez; ovviamente il viaggio sarebbe stato pagato dal padre (convinto dal fratello). Anisha aveva 19 anni quando si imbarcò sul traghetto della compagnia “International”. Aveva una cabina in seconda classe ben pulita e ordinata, anche se piccola. A bordo c’erano altre persone della città che le era capitato di vedere, e una miriade di turisti.
Il tragitto era lungo tre giorni pieni. Durante questi giorni, la ragazza conobbe un gruppo di amici diretti in Francia; anche loro in cerca di una vita migliore. Erano cinque ragazzi e due ragazze; tutti molto simpatici ed estroversi che accolsero la nuova arrivata con affabilità. Passarono molto tempo insieme, anche se i nuovi conoscenti erano provenienti da famiglie di livello socio-economico basso.
Inoltre lei era affascinata da un certo Goffrey, guida della comitiva, di origine francese. Ne era talmente attratta che a Suez, durante lo scalo, fu presa da un forte istinto di seguirlo in Francia. Fu, però, il ricordo delle parole, che aveva pronunciato lo zio sulla vita svolta in Grecia, a trattenerla.
Così si imbarcò sulla nave di una compagnia greca con un nome strano, per andare ad Atene. Il viaggio durò di nuovo circa tre giorni, ma questa volta lei incontrò solo una ragazza inglese che si mostrò subito antipatica e prepotente. Quindi Anisha passò gran parte del suo tempo in cabina, per paura di incontrare la nuova “amica”, o sul ponte, ad osservare il mare e i delfini o a meditare.
Arrivata ad Atene, passò mezza giornata a girovagare per il porto. Si imbarcò sulla barca che la portava finalmente a destinazione: a Candia.
Arrivò nella cittadina cretese un giorno e mezzo dopo e si fermò in una piccola osteria.
Dopo circa una settimana di ricerca di qualche attrazione, Anisha trovò un ampio gruppo di gente ormai arrivata da parecchi anni, pienamente integrata nella società, proveniente dallo stesso paese. Decise di andare a vivere nei paraggi di quel quartiere e trovò un monolocale da affittare a basso prezzo. Dopo aver conosciuto in parte gli immigrati, chiese loro di aiutarla nell’integrazione e nella ricerca di qualche attività manuale. Subito, i capi più anziani, Arcerbi e Casthil, accettarono volentieri di offrire il loro aiuto.
Così la giovane donna visse per qualche giorno in tranquillità; ma poi alcuni giovani arabi decisero di sfruttare l’occasione e pensarono di sottoporla a lavori molto pesanti. Non avendo altre alternative, la ragazza accettò l’offerta e venne sfruttata e maltrattata dai capi di lavoro. Non avendo mai momenti di pausa, non riusciva ad andare in giro per la città a conoscere altra gente; quindi la promessa non fu mantenuta e lei visse un paio d’anni nello stress e in condizioni pessime. Veniva anche violentata dai giovani immigrati.
Stanca di questa vita orrenda, lasciò tutti i suoi averi e cominciò a girovagare per molto tempo, aggravando le sue condizioni di vita. Stava nei campi di ulivi o sulla spiaggia quando aveva caldo; mentre, quando faceva più fresco, si metteva di nascosto vicino a qualche casa isolata per beneficiare del calore emanato.
Un giorno si svegliò in una casa modesta, fatta di pietra e di legno, ma soprattutto accogliente. Sentiva delle voci provenire dal pavimento, probabilmente si trovava al piano superiore. Dopo qualche minuto due “voci” salirono le scale e Anisha ne sentiva sempre di più la vicinanza.
Non sapeva come comportarsi perché non sapeva se chi la ospitava fosse un gentiluomo o un tipo crudele come gli arabi che aveva conosciuto.
Una mano girò la maniglia e un uomo e una donna, entrambi abbastanza anziani, apparvero sulla soglia della porta. Si avvicinò l’uomo piccolo e basso con i capelli e la barba bianchi. Cominciò a parlare greco, poi, vedendo che lei non capiva niente, blaterò qualcosa in inglese e infine parlò in un dialetto arabo, misto alla lingua anglosassone. Le pose molte domande sulla sua vita a cui lei rispose senza preoccupazioni. Le disse inoltre che dormiva da parecchi giorni e che era stata trovata dal figlio minore sotto uno dei loro ulivi. L’avevano quindi presa e portata alla fattoria; il padre l’aveva medicata e se n’era preso cura come una figlia, anche se non sapeva chi fosse. Circa un’ora dopo arrivò uno dei figli con in mano una ricca colazione e dietro tutti gli altri cinque, che erano venuti a vedere come stesse la loro nuova sorella. Il più grande aveva 25 anni, tre in più di lei. Era un ragazzo studioso che studiava all’Accademia di medicina di Candia.
Si chiamava Mirco e aveva i capelli ricci, biondi e corti. Aveva dei tratti tipicamente greci e un ampio sorriso lucente. Presto sfociò tra i due giovani una grande amicizia che dopo qualche mese si trasformò in amore.
Il sentimento era molto forte e intenso e non lasciava trapelare alcuna possibilità di tradimento. Decisero così, incitati dai due genitori accoglienti e ospitali del ragazzo, di sposarsi. Vivevano nella fattoria insieme alla famiglia di lui e, un anno dopo il matrimonio, decisero di partire per Gidda, a causa della nostalgia di Anisha.
Fecero quindi il tragitto che aveva dovuto affrontare anni prima da sola. Arrivati, seppero con tristezza che il padre era morto di tubercolosi l’anno prima. La vita, dopo questo evento, si era svolta con maggiore tranquillità e meno tensione.
Anisha e Mirco decisero di non annunciare il loro matrimonio e fecero finta di essere solo amici, fino al giorno in cui scoprirono che la ragazza era incinta. Seppero gestire la questione con estrema delicatezza e prudenza, il che non scatenò tra i parenti la reazione negativa che si aspettavano. Al contrario la notizia venne accolta abbastanza bene.
Vissero parecchio tempo in Arabia Saudita, anche dopo la nascita dei due gemelli. Purtroppo un’ignota e mortale influenza colpì parte della popolazione di Gidda, tra cui lo zio Alrhon e la madre.
Anisha, non potendo sopportare queste perdite, decise di tornare in Grecia dai suoi genitori acquisiti. Rifecero di nuovo il viaggio con i loro figli e arrivarono a Candia, dove vennero accolti con molta felicità dai due genitori.
Vissero tutto il resto della vita a Creta, e questa volta la reintegrazione fu più semplice per Anisha.
«Hélène, Hélène vieni, dobbiamo partire», mi chiamò la nonna. Stropicciai gli occhi e mi accorsi che il gruppo di signore era scomparso. Caspita, avevo sognato ad occhi aperti!

Hélène Tonnelé
Classe I C
Liceo Scientifico Gobetti